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Visualizzazione dei post da luglio, 2010

DI CIO' CHE E' FATTO IL MALE: LO ZOLFO (cioè, forse)

La prima volta che ho sentito parlare di anidride solforosa (per gli amici SO2 ) in certi termini è stata una serata con Radikon a Faenza. Diciamo la prima volta che ho iniziato a riflettere sulla SO2 in termini di formulazione chimica, di salute e di utilizzo nel settore alimentare e, in specifico, nel vino. Il fatto è che Radikon non aggiunge solforosa ai suoi vini. Non è l'unico e non è stato il primo. Ricordo miticizzate cuvée di Cornas di Thierry Allemand (i francesi dicono di aver fatto quasi tutto prima di noi e molto spesso è vero). Però quella sera ci spiegò i m otivi di quella scelta. Motivi che ritrovate perfettamente spiegati nel suo sito . Negli anni ho iniziato a leggere qualcosa, a fare domande ai produttori. Sono apparsi sempre più vini senza SO2 (cioè, senza che sia aggiunta perché, oramai è chiaro, è prodotta naturalmente in vinificazione) e con le diciture più diverse (così, ad esempio, scrive Antonuzi de Le Coste ). E ho iniziato a pensare ai solfiti come al

LA PARTITA

Questa è una partita di cui avevo già deciso il risultato ( spirito di Moggi, esci dal mio corpo ). Ma avevo deciso il risultato perché questa partita non decideva il campionato. Era solo una partita, importante ma poi c'erano altre partite da fare. Anzi, avevo l'impressione che le partite tendessero all'infinito (magari non infinito assoluto, diciamo aldilà della mia vita). In ogni partita ci si gioca qualcosa. Dei punti, una coppa, l'onore. Si può giocare anche solo per prepararsi e i più bravi, di solito, vogliono vincere anche quella. I più bravi, di solito, sono cannibali, squali come Merckx o Danilovic (che voleva vincere anche gli uno-contro-uno ai Giardini Margherita coi ragazzini di 15 anni). Io non sono così bravo ergo non così squalo. Mi limito a fare le squadre, a metterle in campo e vinca il migliore. Epperò faccio un tifo del diavolo. Da una parte i miei ragazzi. Quelli che fanno agricoltura biologica e/o biodinamica, che rispettano la Natura in ogni sua

L'INSIDIA

La perfezione è un percorso costellato di insidie. Mettiamo che siate un viticoltore. Mettiamo che sono anni che state dietro le vostre uve, che le curate maniacalmente, che le vedete migliorare anno dopo anno. Mettete che incominciate a pensare che abbiano l'età adatta per fare quel grande vino che sognate. Basta solo l'annata giusta. Mettete che un anno tutto comincia ad andare bene, tempi di maturazione perfetti, zero o quasi problemi in vigna, voi vi sentite duri puri e cazzuti. E arriva l'epoca di vendemmia e le uve sono perfette, le guardate e pensate che roba così il buon Dio non ve la darà mai più. Le raccogliete, le portate in cantina e ad un certo punto la cosa dipende solo da voi. E se dipende da voi, allora tutto andrà bene, meravigliosamente bene. Ma. Ma ci sono delle insidie. Questo lo sapete. Vinificate al meglio, estraete tutto quello che c'è da estrarre. Ma questo nettare dovete anche metterlo da qualche parte. Dovete usare dei contenitori. Che possono

RUMORE BIANCO: LA SARDEGNA

Signori, ajò . Questo scimmiottamento di saluto vorrebbe introdurre l'argomento della bevuta quotidiana. La Sardegna . Terra devastata dagli incendi, dalle ville Certose e i suoi finti vulcani pirotecnici, dalle billionariate e dal cemento che sale dalle coste cafone e chissà se capace di penetrare più all'interno. Probabile di no per mancanza di appeal della macchia mediterranea e della morfologia simile ad una landa lunare ma un po' più calda. E probabile di no per una sorta di resistenza silenziosa (e non per questo meno efficace) della gente che abita questa isola e che lavora la terra e le bestie di questa isola. Girare l'interno della Sardegna riporta ad una dimensione primigenia dell'uomo, ai suoi sforzi di domare l'indomabile, all'accettazione della forza della Natura e, suo contraltare, alla testardaggine di portare a sé quello che la Natura lascia. Tutto questo ha un suo segno sugli uomini. E' sempre difficile e carente una catalogazione del

A. A. CERCASI: GIRO IN ALTO ADIGE (2)

L'Alto Adige è tosto. Ci si può ritrovare dai 40° di Bolzano (certo, con umidità quasi nulla il che è consolante quando si sta vaneggiando per una incipiente insolazione in un bar nei pressi della stazione in arredamento stile malga) ai 18° per una acquazzone e fulmini e saette in uno sterrato di pendenze ridicolmente vicine al Tourmalet. La gente può essere calda e comunicativa e di una gentilezza quasi imbarazzante così come esprimersi a grugniti e suoni gutturali. Puoi parlare con enotecari che in qualche minuto ti spiegano perché il mercato italiano fa schifo e quello tedesco no e che sospirano molto fatalisticamente quando ci/si domandano perché proprio agli italiani sia stato affidato questo bendidio di uve e terreni. Puoi avvertire un serio tentativo di disintossicazione dallo sciempio cultural/televisivo dominante, un tentativo forse infantilmente inutile di resistenza e di impermeabilizzazione ai danni del turismo di massa che nella sua forma più degradata può portare all&

A. A. CERCASI: GIRO IN ALTO ADIGE

All'ultima Enologica a Faenza ho assistito ad una interessante conversazione tra Fabio Giavedoni e Helmut Zozin , direttore della cantina altoatesina Manincor . Tema il biodinamico e le dimensioni con le quali si può lavorare con questo metodo. Già, perché la Manincor è un'azienda grande, 45 ettari tra Caldaro e Terlano, e il biodinamico viene spesso associato a piccole aziende, un uomo solo in vigna, un ciuco spelacchiato per tirare su la terra e avanti tutti a pane e cipolle. Invece Zozin fa tutto in grande e modernamente e ci è venuto a spiegare come fa con pragmatismo tutto germanico. Ci ha detto del compost, delle pratiche naturali in vigna e in cantina. E ci ha detto anche tanti "Ma...". Ma se partono rifermentazioni e le acidità non si alzano, in cantina loro intervengono. Ma se le cavallette abbattono i filari, loro intervengono. Semplice. Se succede qualcosa, sarebbe stupido non intervenire. Preservano i loro prodotti e cercano di farli arrivare ad una sogl