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Il diagramma della teoria dei 6 gradi di separazione (inquietantemente simile ad uno schema Punto-Croce) |
Questa vita è 'na catena.
Lo cantava Dalla il Lucio probabilmente riferendosi al malinconico e doloroso andare che a volte ha la vita e, altrettanto probabilmente, sfiorando senza volontà la teoria proposta nel 1929 dallo scrittore ungherese Frigyes Karinthy secondo la quale ogni persona può essere collegata a qualunque altra persona attraverso una catena di conoscenze con non più di 5 intermediari (nota 1).
Nel vino la cosa è semplificata. Tendenzialmente i gradi di separazione sono ancora meno. E sottili come carta-riso. Il mondo del vino è un microcosmo, a volte pare una serra popolata da monomaniacali patologici che comunicano attraverso suoni gutturali, attraverso strani fonemi compresi solo dagli abitanti di questa serra. E, a volte, senza nemmeno comprendersi neanche tra di loro, separati da poco comprensibili dialetti e particolarismi. Forse siamo esperimenti in vitro di un qualche Bacco di terz'ordine.
Ma quando pare di vagare soli, di girare a vuoto in una stanza sempre uguale, accade di imbattersi in qualcuno. Uno straniero. Uno mai visto. Pensi di essere in un cubo e di conoscerne ogni centimetro, e poi appare una faccia nuova. Venuta da chissà dove.
Non so. capiti per caso nella pagina 18 di una ricerca stanca su Google sotto la voce Georgia Vino, e BUM, ti appare il blog ti un tizio australiano a cui è capitato di assaggiare lo stesso vino che hai bevuto il giorno prima e le parole che usa sono calde e familiari, descrive una cosa che hai annusato e tenuto in bocca, sulla quale hai fatto riflessioni e unito ricordi e sensazioni. Senti con lui (il tizio australiano) una comunione. E inizi a dare una sguardo a questo blog, e tante cose trovi in comune, vedi un percorso fatto di bottiglie che conosci, capisci che il tizio aussie ha curiosità verso prodotti che sono lì, nel tuo cubo. E poi vedi un'altra bottiglia, anche quella bevuta di recente, anche di quella volevi scrivere. E i gradi e le latitudini si azzerano.
Perché, andando nello specifico e infittendo ancora di più gli intrecci tra le cose, intricando la matassa di relazioni che restringono questo mondo alle dimensioni di un pugno, i due vini di cui volevo scrivere sono uno georgiano e l'altro friulano. E così, di primo acchito, spuntano diverse paroline che uniscono queste due terre per amorose suggestioni da intrecciare a piacere:
Vite (vabbè);
Anfora;
Macerazione;
Gravner.
E allora partiamo rintracciando le briciole di pane che da Mararo, nel Caucaso georgiano, portano a Oslavia.

C'è ruvidezza senza sgraziature, ci sono tannini sotto il limite dell'offesa. E c'è un suo equilibrio, c'è una dolcezza che tenta di mitigare la durezza, che porta l'amico georgiano dalle parti della beva. Per tutti (nota 2)? Si, ma istruzioni per l'uso: sgombrare la mente, resettare l'hard-disc, decategorizzare il bianco/rosso, saltare a piedi pari tutto il periodo dei vini bianco-carta, sbattetersene altamente di preistoriche menate modello AIS sull'abbinamento cibo-vino (nota 3). E ascoltare l'urlo primordiale di questi vini. YAAOOARRGGGHH e 89/100.
Jakot 2005 (Radikon): the man is back. Se ne erano perse un po' le tracce. Da un paio d'anni ha abbandonato le desolate lande di Cerea per andarsene al Vinitaly. Da un paio d'anni, dopo l'uscita di quei 2004 da sballo, notizie al contagocce, pochi avvistam
Sento un silenzio assordante.Se io sono al ristorante,vedo una mezzina di Radikon a 25 euro,certo che avrei voglia di sperimentare,ma chi paga il conto se non mi piace? ho io la capacità di resettare, le mie esperienze a quel prezzo? o mi rovino la serata? sicuramente il mio gusto si è modificato(evoluto)dopo 10 anni di bevute ma trovo i macerati ancora difficili per me.Ciao Ivano
RispondiEliminaIvano, dipende tutto dal rapporto qualità/curiosità/prezzo. Ed è un rapporto difficile da definire. Diciamo che di solito parto dal portafoglio, quel veloce luogo di passaggio tra la mia mano e quella di un enotecario/ristoratore/produttore. Perché la curiosità mi spinge a provare di tutto, a fare qualche piccola follia, a dare a qualsiasi prodotto una chance. Ma Radikon non rientra tra le follie: per me un grande, sempre interessante anche nelle espressioni meno felici. Se vuoi un consiglio, parti dall'Oslavje 2004, un macerato che vive di potenza ed equilibrio, di un gusto che travalica le tecniche produttive. Bevuto anche di recente, è una meraviglia (imho). Prova quello e poi passa agli altri. O passa la mano.
RispondiEliminaCi proverò, Oslavje 2003 può andare?
RispondiEliminaPuò andare la 2003, non una delle migliori ma buona. E, ripeto, la 2004 è non una spanna ma abbastanza sopra.
RispondiEliminaBeh allora ragazzi si torna all'Albanona che faceva mio nonno!!!
RispondiEliminaMacerata fino a che praticamente non andava a secco e tannini a go-go...colore ambra come una bitter inglese e un po' di ossidazione non gliela toglieva nessuno.
PS
Nella cantina sotterranea a Faenza da mia madre ho ancora delle bottiglie del 1971....
Che dite le si assaggiano?
A vs. rischio e pericolo però :)
Esatto, retromarcia e come se 40 anni di enologia non fossero esistiti! No, a parte tutto, sappiamo bene che c'è spazio per ogni pratica. Quello che mi sento dire da chi produce macerando (e lo fa da qualche tempo), è che nelle bucce c'è il meglio e che i vini acquistano una marcia in più come sapore e complessità e capacità di invecchiamento. Non so se tutte le uve sono adatte allo scopo (a occhio e croce direi di no), se tutte le zone vanno bene, ma le cose che bevo in quella tecnica sono spesso e volentieri eccellenti. Così buttiamoci in questa operazione di "archeologia vinicola" e slurpiamoci l'Albana '71.
RispondiEliminaQuella sarà una bella esperienza!!!Io in cantina ho un gewurztraminer di Platter del 76 chissà...Ciao Ivano
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