Batman & Robin possono tornare alle loro mascherate neo-gotiche. Superman può anche andarsene dalla De Filippi a impressionare tutte le troniste del caso. Diabolik, sgomma lontano e portati via quella shampista di Eva Kent.
Ci sono dei nuovi eroi in città. Non hanno super-poteri, le loro tute sono due salopette blu e vengono per salvare il mondo dai vini brutti e cattivi.
Il loro nome è Dard & Ribo. Vengono da Mercurol, Rodano del nord, un paese piccolo piccolo nello strano pianeta Terra, e combattono la loro battaglia a colpi di uva, rame e zolfo e qualche botte. Il loro nemico mortale è il Dottor StranaChimica, una misteriosa entità che vaga nei vigneti e nelle cantine di tutto il mondo impossessandosi della mente di contadini e viticoltori.
Jean-René Dard e Francois Ribo (discretamente importante nota 1) iniziarono la loro avventura insieme nell'anno intergalattico 1980 con un piccolo vigneto e subito iniziarono ad applicare le loro idee non-interventiste decisamente di un altro pianeta all'epoca. L'imbottigliamento vero e proprio ebbe inizio con l'annata 1984 e da allora acquistarono o presero in affitto altro terreno sino a raggiungere gli 8,5 ettari attuali (con 0.5 in affitto). Da allora è stato un crescere discreto e costante di notorietà fatto di innamoramenti folli da parte di chi sentiva i loro vini a cui erano affidate le loro parche strategie di marketing. E la formula è rimasta pressoché immutata nelle sue basi principali: solo rame e zolfo in vigna; nessuna aggiunta nella trasformazione dell'uva; nessuna macerazione carbonica o a freddo; uso quasi nullo di SO2 in cantina. Partendo da queste basi, il resto è un aggiustarsi a seconda dell'uva che arriva in cantina. Uva che può essere diraspata (come nel 2009 con chicchi molto piccoli e poco succosi) o meno e poi messa a fermentare in tini di legno aperti fino a 20 giorni, anche qui senza una ricetta precisa, si assaggia e si decide. Poi tutto viene spostato in barrique (usate) dove vengono poi travasati solo una volta nei 12 mesi (in genere) di permanenza. L'idea della ricetta-non-precisa si applica anche in un approccio non talebano verso la SO2: comunemente non ne aggiungono nei rossi e pochissima nei bianchi, ma anche qui tutto varia a seconda dell'uva che arriva in cantina e dei continui assaggi. Ecco, sentendo quello che dichiarano viene fuori l'idea di gente che segue maniacalmente ogni fase, che assaggia e si informa, che monitora costantemente i loro prodotti (nota 2) per andare vicino ad ottenere quello che vogliono nel rispetto di quello che Natura ha dato. E la grande domanda allora è: cosa cacchio vogliono fare Dard & Ribo (poco seria nota 3)?
Vogliono fare dei vini che si bevano, non dei vini da esposizione (verrebbe da dire, non dei vini grandi ma dei grandi vini). Partono e ritornano sempre al concetto che il vino è fatto per essere bevuto e goduto per quello che è, senza esibizioni muscolari. E significativo ed esplicativo di questa filosofia è quello che dicono delle degustazioni a cui prendono parte: e cioè che capita che i loro vini vengano criticati, che altre bottiglie appaiano più esuberanti e/o massicce, ma che alla fine della giostra le loro bottiglie sono quelle con meno vino rimasto. E altrettanto e significativo ed esplicativo (e sorprendente per dei francesi) è come pensino al vino non come a qualcosa da conservare e aspettare e sul quale fare assurde previsioni di durata, ma come un prodotto gourmand, da godere subito, hinc et nunc.
Così, mentre io godo a sentire queste parole, andiamo a tastare il godimento del loro vino:
Crozes-Hermitage Les Blancs Des Baties 2006: da uva Roussanne. Les Baties è un cru in parte piantato a Syrah. Solitamente vendemmiano prima i rossi dei bianchi (e sono gli unici in zona a farlo), a dimostrazione dell'attenzione che hanno verso questa tipologia. Questo 2006 ha una discreta densità al colore, un giallo dorato con una leggera viratura verso il rame. Al naso la prima nota che esce è un floreale molto disteso, quasi dolce, e poi frutta matura. Il legno si avverte ma rimane quasi in sottofondo, ben calibrato. La bocca si arrotonda e finisce con un'acidità marcata ma non disturbante. Ottimo vino ma a mancare è quello sprint in più olfattivo, quella progressione verso una complessità che ne farebbe un grande vino. In vili numeri, 88/100.
Saint-Joseph 2008: la 2008 è stata un'annata difficile. In vigna e anche un incendio in cantina che ha distrutto 3000 bottiglie di Hermitage. E quindi vini meno potenti del solito, più giocati sulla finezza che è poi il loro marchio di fabbrica. Finezza che qui riacquista un senso intendendosi con raggiungimento del massimo equilibrio e purezza di frutto possibile. C'è tutto dello stile Dard & Ribo con lo syrah: esplosività olfattiva (turbo-frutto e speziatura non legnosa ma dell'uva); suadenza in bocca, la seduzione della nonchalance, di chi non fa nulla per apparire ma che magicamente diventa maestro d'eleganza. E se anche la consistenza non è ai massimi, noi con questo bobo ci passeremmo tutta la sera. 90/100.
Crozes-Hermitage 2007: grande annata. Qui lo stile Dard & Ribo viene esaltato, spinto in orbita in ogni componente. Tutto è moltiplicato: l'odore maestoso mix orientale di spezie e frutta; il sapore che entra nella sfera denso/non denso, una percezione tattile lattiginosa eppure mai invasiva o frenante. Un sapore che ti rimane in bocca e che a distanza di ore rimane formato in bocca e in testa, come se avessi cercato a lungo una parola che non ti veniva e ora che è lì, che sei riuscito a pronunciarla, godi anche solo nel ripeterla. Se il concetto di bevibilità è mutabile e mutante, qui intanto un paletto è stato posto. 96/100.
nota 1: molte delle informazioni su di loro sono un mix di ciò che mi disse Gianmarco Antonuzi, mister Le Coste, e di questo ottimo blog di un fotografo francese che scrive in inglese e che se ne va a zonzo per Parigi e la Francia a bere e magnare e si, muoriamogli dietro di invidia.
nota 2: inoltre monsieur Dard dice che "Fare vino è come lavare i piatti di continuo", ossia ore e ore a pulire attrezzi, vasche, botti proprio perché lavorando senza additivi e quasi senza SO2, è fondamentale creare un ambiente massimamente igienico, al massimo della pulizia. Pulizia che poi si andrà a riscontrare nei loro vini e che effettivamente andrebbe fatta sentire a coloro i quali associano spesso vino naturale=puzza.
nota 3: bisogna ammettere che anche solo il loro marchio (Dard & Ribo) suona alla perfezione, è breve e ritmico e rimane impresso e pare studiato a tavolino da un branco di rampanti copywriter pubblicitari; tanto che, se mai dovessi mettermi a produrre vino, cercherei un tizio dal cognome breve e insieme faremmo una strepitosa Bucci & ....
Ci sono dei nuovi eroi in città. Non hanno super-poteri, le loro tute sono due salopette blu e vengono per salvare il mondo dai vini brutti e cattivi.
Il loro nome è Dard & Ribo. Vengono da Mercurol, Rodano del nord, un paese piccolo piccolo nello strano pianeta Terra, e combattono la loro battaglia a colpi di uva, rame e zolfo e qualche botte. Il loro nemico mortale è il Dottor StranaChimica, una misteriosa entità che vaga nei vigneti e nelle cantine di tutto il mondo impossessandosi della mente di contadini e viticoltori.
Jean-René Dard e Francois Ribo (discretamente importante nota 1) iniziarono la loro avventura insieme nell'anno intergalattico 1980 con un piccolo vigneto e subito iniziarono ad applicare le loro idee non-interventiste decisamente di un altro pianeta all'epoca. L'imbottigliamento vero e proprio ebbe inizio con l'annata 1984 e da allora acquistarono o presero in affitto altro terreno sino a raggiungere gli 8,5 ettari attuali (con 0.5 in affitto). Da allora è stato un crescere discreto e costante di notorietà fatto di innamoramenti folli da parte di chi sentiva i loro vini a cui erano affidate le loro parche strategie di marketing. E la formula è rimasta pressoché immutata nelle sue basi principali: solo rame e zolfo in vigna; nessuna aggiunta nella trasformazione dell'uva; nessuna macerazione carbonica o a freddo; uso quasi nullo di SO2 in cantina. Partendo da queste basi, il resto è un aggiustarsi a seconda dell'uva che arriva in cantina. Uva che può essere diraspata (come nel 2009 con chicchi molto piccoli e poco succosi) o meno e poi messa a fermentare in tini di legno aperti fino a 20 giorni, anche qui senza una ricetta precisa, si assaggia e si decide. Poi tutto viene spostato in barrique (usate) dove vengono poi travasati solo una volta nei 12 mesi (in genere) di permanenza. L'idea della ricetta-non-precisa si applica anche in un approccio non talebano verso la SO2: comunemente non ne aggiungono nei rossi e pochissima nei bianchi, ma anche qui tutto varia a seconda dell'uva che arriva in cantina e dei continui assaggi. Ecco, sentendo quello che dichiarano viene fuori l'idea di gente che segue maniacalmente ogni fase, che assaggia e si informa, che monitora costantemente i loro prodotti (nota 2) per andare vicino ad ottenere quello che vogliono nel rispetto di quello che Natura ha dato. E la grande domanda allora è: cosa cacchio vogliono fare Dard & Ribo (poco seria nota 3)?
Vogliono fare dei vini che si bevano, non dei vini da esposizione (verrebbe da dire, non dei vini grandi ma dei grandi vini). Partono e ritornano sempre al concetto che il vino è fatto per essere bevuto e goduto per quello che è, senza esibizioni muscolari. E significativo ed esplicativo di questa filosofia è quello che dicono delle degustazioni a cui prendono parte: e cioè che capita che i loro vini vengano criticati, che altre bottiglie appaiano più esuberanti e/o massicce, ma che alla fine della giostra le loro bottiglie sono quelle con meno vino rimasto. E altrettanto e significativo ed esplicativo (e sorprendente per dei francesi) è come pensino al vino non come a qualcosa da conservare e aspettare e sul quale fare assurde previsioni di durata, ma come un prodotto gourmand, da godere subito, hinc et nunc.
Così, mentre io godo a sentire queste parole, andiamo a tastare il godimento del loro vino:
Crozes-Hermitage Les Blancs Des Baties 2006: da uva Roussanne. Les Baties è un cru in parte piantato a Syrah. Solitamente vendemmiano prima i rossi dei bianchi (e sono gli unici in zona a farlo), a dimostrazione dell'attenzione che hanno verso questa tipologia. Questo 2006 ha una discreta densità al colore, un giallo dorato con una leggera viratura verso il rame. Al naso la prima nota che esce è un floreale molto disteso, quasi dolce, e poi frutta matura. Il legno si avverte ma rimane quasi in sottofondo, ben calibrato. La bocca si arrotonda e finisce con un'acidità marcata ma non disturbante. Ottimo vino ma a mancare è quello sprint in più olfattivo, quella progressione verso una complessità che ne farebbe un grande vino. In vili numeri, 88/100.
Saint-Joseph 2008: la 2008 è stata un'annata difficile. In vigna e anche un incendio in cantina che ha distrutto 3000 bottiglie di Hermitage. E quindi vini meno potenti del solito, più giocati sulla finezza che è poi il loro marchio di fabbrica. Finezza che qui riacquista un senso intendendosi con raggiungimento del massimo equilibrio e purezza di frutto possibile. C'è tutto dello stile Dard & Ribo con lo syrah: esplosività olfattiva (turbo-frutto e speziatura non legnosa ma dell'uva); suadenza in bocca, la seduzione della nonchalance, di chi non fa nulla per apparire ma che magicamente diventa maestro d'eleganza. E se anche la consistenza non è ai massimi, noi con questo bobo ci passeremmo tutta la sera. 90/100.
Crozes-Hermitage 2007: grande annata. Qui lo stile Dard & Ribo viene esaltato, spinto in orbita in ogni componente. Tutto è moltiplicato: l'odore maestoso mix orientale di spezie e frutta; il sapore che entra nella sfera denso/non denso, una percezione tattile lattiginosa eppure mai invasiva o frenante. Un sapore che ti rimane in bocca e che a distanza di ore rimane formato in bocca e in testa, come se avessi cercato a lungo una parola che non ti veniva e ora che è lì, che sei riuscito a pronunciarla, godi anche solo nel ripeterla. Se il concetto di bevibilità è mutabile e mutante, qui intanto un paletto è stato posto. 96/100.
nota 1: molte delle informazioni su di loro sono un mix di ciò che mi disse Gianmarco Antonuzi, mister Le Coste, e di questo ottimo blog di un fotografo francese che scrive in inglese e che se ne va a zonzo per Parigi e la Francia a bere e magnare e si, muoriamogli dietro di invidia.
nota 2: inoltre monsieur Dard dice che "Fare vino è come lavare i piatti di continuo", ossia ore e ore a pulire attrezzi, vasche, botti proprio perché lavorando senza additivi e quasi senza SO2, è fondamentale creare un ambiente massimamente igienico, al massimo della pulizia. Pulizia che poi si andrà a riscontrare nei loro vini e che effettivamente andrebbe fatta sentire a coloro i quali associano spesso vino naturale=puzza.
nota 3: bisogna ammettere che anche solo il loro marchio (Dard & Ribo) suona alla perfezione, è breve e ritmico e rimane impresso e pare studiato a tavolino da un branco di rampanti copywriter pubblicitari; tanto che, se mai dovessi mettermi a produrre vino, cercherei un tizio dal cognome breve e insieme faremmo una strepitosa Bucci & ....
Son tornato ieri dalle ferie, mi metto in pari con i post non letti e si fan due chiacchiere!
RispondiEliminaCiao!
ueilà, fammi sapere tutte le novità.
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