Oppure intitolantesi "A l'amour comme a la guerre".
Ai primi letarghi post-estivi pare da sempre corrispondere una convulsa ricerca di novità, un bulimico accaparramento di bottiglie, una specie di tic nervoso che mi fa ripetere logorroicamente "Che c'è di nuovo? Eh? Che c'è di nuovo?"
Iniziano le grandi manovre, il mondo è la mia ostrica e lasciate che le bottiglie vengano a me e gli euri da loro (gli enotecari e produttori). Le foglie ingialliscono, i cieli ingrigiscono e tra poco escono le guide chissà quanto ingrigite pure quelle (nota 1). Gianfranco Fini dice che il 2010 non sarà l'anno dell'Ego di qualcun'altro e Gianfranco Fino dice che il 2010 sarà una grande annata di Es (e il 2011 promette bene).
E allora, che c'è di nuovo (anzi, d'antico)?
Montepulciano d'Abruzzo Mazzamurello 2007 (Torre Dei Beati): piace tanto a Rizzari e Gentili (e non solo) che han dato alla 2005 e 2006 punteggi stratosferici (18,5/20 poi mutato in corso d'opera). E' fatto a Loreto Aprutino (remember Valentini?), se ne sta 22 mesi in barrique nuove e 12 mesi in bottiglia. E, in effetti, in quei 22 mesi un accenno woody viene passato al vino. L'effetto caffellatte. Colore inchiostro come da manuale del Montepulciano e densità ai massimi livelli. Bocca fumosa, col frutto ancora contratto dal legno in esubero. Quasi un vino old-style se non fosse che quell'old è riferito a tipologie che solo 4-5 anni fa mi (ci?) piacevano tanto. E che tuttora, se l'espressione è questa, è in grado di dare molte soddisfazioni. Vino dove tutto è sforzo verso la maturità e la concentrazione, tutto spremuto per raggiungere l'essenza di quelle uve. Vino che pur nell'esasperazione dei legni, riesce a mantenere una buona dinamica in bocca, una sorsata bilanciata tra tannino e dolcezza d'alcool. Della serie: non è il vino che sogno, ma ce ne fossero. 88/100 (o Rizzarianamente 16/20).
Soula 2008 (Casot des Mailloles): vin de garage del Languedoc. Ergo, proprietario stravagante, piccola produzione, tutto bio, prezzi alti (45 euro). 100% Grenache Noir. E 90% di puzza. Puzza animale, stalla, humus; e un sottofondo dolciastro da zucchero caramellato. Un blocco intensissimo e cupo, come se gli odori fossero chiusi in una scatola che lascia solo presagire masse di frutta matura. Il tatto è denso. Una beva fatta di piccole scontrosità (un alcool appena sopra le righe, tannini presenti ma ben amalgamati) ma pienamente soddisfacente. Un vino di virtuose ricerche di eccellenza nell'ambito della naturalità da sconsigliare a chi non sopporta un po' di tanfo selvatico. 87/100.
Vinsobres La Papesse 2008 (Domaine Gramenon): uno degli ultimi arrivati di madame Aubery-Laurent. Sempre Grenache come le sue mitiche cuvée La Meme e A Pascal. Solo in un terreno più a nord e con vigne più in alto (circa 600 m.). Quindi l'inconfondibile stile Gramenon con qualche decisa variazione sul tema. L'esoterica piacevolezza dei suoi vini qui subisce delle rifrazioni, delle increspature. La materia si rinserra o, meglio, si mostra nella sua trama leggermente più grossolana; dove La Meme è seta finissima, qui appare cruda. Vino più muscolare, tannico, rigidamente nordico, mantenendo però l'impostazione fruttato-floreale e la scorrevolezza di beva marchio della maison. Grande variazione sul tema della Grenache da chi ha prodotto dei capolavori. 90/100.
Les Glaneurs 2008 (Les Foulards Rouges): una Grenache del Languedoc. Un produttore emergente che lavora sulla purezza di frutto, sulla bevibilità, sull'equilibrio. Piccoli Gramenon crescono, insomma. Questo è il vino base (diciamo così anche se fa solo due vini rossi). E il bicchiere conferma quello che si dice di lui. Frutto, frutto e ancora frutto, reso ancora più inebriante dai rimandi floreali. Bocca di discreta dimensione e, soprattutto, rotonda, goniometrica. Nell'arco della serata non cede un millimetro del suo potente esalare fiori e frutta. Categoria: vini in surplace. 85/100.
E allora, che c'è di nuovo (anzi, d'antico)?
Montepulciano d'Abruzzo Mazzamurello 2007 (Torre Dei Beati): piace tanto a Rizzari e Gentili (e non solo) che han dato alla 2005 e 2006 punteggi stratosferici (18,5/20 poi mutato in corso d'opera). E' fatto a Loreto Aprutino (remember Valentini?), se ne sta 22 mesi in barrique nuove e 12 mesi in bottiglia. E, in effetti, in quei 22 mesi un accenno woody viene passato al vino. L'effetto caffellatte. Colore inchiostro come da manuale del Montepulciano e densità ai massimi livelli. Bocca fumosa, col frutto ancora contratto dal legno in esubero. Quasi un vino old-style se non fosse che quell'old è riferito a tipologie che solo 4-5 anni fa mi (ci?) piacevano tanto. E che tuttora, se l'espressione è questa, è in grado di dare molte soddisfazioni. Vino dove tutto è sforzo verso la maturità e la concentrazione, tutto spremuto per raggiungere l'essenza di quelle uve. Vino che pur nell'esasperazione dei legni, riesce a mantenere una buona dinamica in bocca, una sorsata bilanciata tra tannino e dolcezza d'alcool. Della serie: non è il vino che sogno, ma ce ne fossero. 88/100 (o Rizzarianamente 16/20).
Soula 2008 (Casot des Mailloles): vin de garage del Languedoc. Ergo, proprietario stravagante, piccola produzione, tutto bio, prezzi alti (45 euro). 100% Grenache Noir. E 90% di puzza. Puzza animale, stalla, humus; e un sottofondo dolciastro da zucchero caramellato. Un blocco intensissimo e cupo, come se gli odori fossero chiusi in una scatola che lascia solo presagire masse di frutta matura. Il tatto è denso. Una beva fatta di piccole scontrosità (un alcool appena sopra le righe, tannini presenti ma ben amalgamati) ma pienamente soddisfacente. Un vino di virtuose ricerche di eccellenza nell'ambito della naturalità da sconsigliare a chi non sopporta un po' di tanfo selvatico. 87/100.
Vinsobres La Papesse 2008 (Domaine Gramenon): uno degli ultimi arrivati di madame Aubery-Laurent. Sempre Grenache come le sue mitiche cuvée La Meme e A Pascal. Solo in un terreno più a nord e con vigne più in alto (circa 600 m.). Quindi l'inconfondibile stile Gramenon con qualche decisa variazione sul tema. L'esoterica piacevolezza dei suoi vini qui subisce delle rifrazioni, delle increspature. La materia si rinserra o, meglio, si mostra nella sua trama leggermente più grossolana; dove La Meme è seta finissima, qui appare cruda. Vino più muscolare, tannico, rigidamente nordico, mantenendo però l'impostazione fruttato-floreale e la scorrevolezza di beva marchio della maison. Grande variazione sul tema della Grenache da chi ha prodotto dei capolavori. 90/100.
Les Glaneurs 2008 (Les Foulards Rouges): una Grenache del Languedoc. Un produttore emergente che lavora sulla purezza di frutto, sulla bevibilità, sull'equilibrio. Piccoli Gramenon crescono, insomma. Questo è il vino base (diciamo così anche se fa solo due vini rossi). E il bicchiere conferma quello che si dice di lui. Frutto, frutto e ancora frutto, reso ancora più inebriante dai rimandi floreali. Bocca di discreta dimensione e, soprattutto, rotonda, goniometrica. Nell'arco della serata non cede un millimetro del suo potente esalare fiori e frutta. Categoria: vini in surplace. 85/100.
nota 1: non è che l'ingrigimento sia un auspicio o un sparare sulla croce rossa, e neanche ci si vuole infilare in quel gorgo senza fine che è il dibattito sulla crisi dell'editoria cartacea presa dal web a schiaffettini (ma tanti schiaffettini fanno uno schiaffone); è che paiono davvero esserci due velocità di assimilazione della realtà e, spiace davvero dirlo, la critica istituzionalizzata, che opera all'interno di riviste e/o guide, è quella rimasta indietro a cercare di capire dove e come recuperare il terreno; ossia, spiace avvertire ogni anno quella sensazione di occasione persa alla lettura delle guide che dovrebbero e potrebbero essere dei grandi veicoli di critica enoica; spiace dover cogliere segnali di cambiamento nella visione critica solo in qualche piccola segnalazione, in un 3 bicchieri o 5 bottiglie infilatosi di straforo tra le ammiraglie abbonate ai premi; e spiace vedere sempre più gente fottersene bellamente delle guide ed eccitarsi (anche giustamente) per le sovrastimolazioni che offre il web (in parallelo, è come assistere al disfacimento del PD come rappresentante della sinistra e una cosa è gioire dello smontamento di quello che potrebbe e dovrebbe esserne il più grande contenitore, un'altra è immalinconirsi e dispiacersi per l'occasione persa).
Io non gioisco per il disfacimento del PD, ma non vedo occasioni perse. Non c'è un'identità precisa nella sinistra, anzi, non c'è quasi nulla. Forse per le guide è un pò differente, basterebbe un pò di lungimiranza e coraggio. Ma non me ne dolgo, le battaglie contro i mulini a vento non fanno per me.
RispondiEliminaP.S.: ma tutti questi francesi dove li trovi che io già faccio fatica a recuperare gli italiani?
Io vengo dai racconti di ciò che è stato il PCI in positivo, del suo radicarsi sul territorio e della sua capacità di aggregazione, di essere un grande (anche solo numericamente) contenitore politico. Mentre sappiamo cosa è (o non è) il PD adesso. Essendo ormai quasi cronicamente nostalgico, lo stesso vale per le guide, le tanto vituperate guide che un enorme lavoro di informazione e formazione fecero per un certo periodo. Guide che potrebbero avere ancora la forza (perlomeno numerica, perlomeno di visibilità) per essere un traino verso una certa idea di vino. In un mondo per me ideale, i vari blog e netmagazine etc svolgerebbero il loro sporco lavoro quotidiano di segnalazione, di isterico buttarsi su tutto; mentre le guide riordinerebbero le cose, seguirebbero il territorio scremando verso la vera eccellenza, fornirebbero una catalogazione con una maggiore autorità editoriale. Ma, come dici tu, mancano lungimiranza e coraggio, manca l'autorità derivante dai riscontri nel bicchiere, a volte galleggiano nei compromessi politico-economici che portano a premiare certe aziende. Così aspettiamo ogni anno di sapere quanti centinaia di coppette hanno vinto Piemonte o Toscana, contiamo le briciole delle zone cosiddette minori e abbiamo un brivido se viene segnalato qualcuno che, a tuo modesto parere, sono almeno 10 anni che produce eccellenze e, finito il brivido, ci ributtiamo bulimicamente nel web.
RispondiEliminaps: i francesi li ho recuperati in francia questa estate. Pure alcuni miei amici mi dicono "Ma è già un tale casino stare dietro agli italiani...". Certe cose le conoscevo già (La Soula, ad esempio), certe altre sono segnalazioni di enotecari. Ogni tanto qualche acquisto lo faccio su internet che è piena di enoteche francesi che spediscono in Italia a prezzi equi. Quindi ricaricati la tua prepagata e buttati (fra l'altro, spesso sono bottiglie che vanno dai 10 ai 20 euro).
mi associo per l'invidia per le bottiglie francesi,specie per quelle non puzzolenti :),certo che organizzare una bella degustazione con qualche nobile romagnolo tipo il grande Succi di castel bolognese non sarebbe male..io mi aggrgherei in punta di 44 di piedi con qualche bottiglia...ciao Gian Paolo
RispondiEliminaPer organizzare una degustazione ho controllato la mia fitta agenda e, tra un impegno e l'altro, posso dare disponibilità solo in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo. Coi vini del buon Succi oramai ci puccio anche il cornetto a colazione e ci faccio i pediluvi e mi piace metterlo in mezzo a quasi qualsiasi degustazione e poi inveire contro chi non lo capisce. Adesso sta vendemmiando ma un buco per vederci lo trova. Però, per punizione, ci berremo solo bottiglie puzzone.
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