Oggi mi faccio Censis.
Attraverso rigorosissimi parametri scientifici di cui non sto a spiegarvi la complessità, ho condotto un'analisi del mercato del vino. I punti cardine di questa ricerca sono:
A) Da dove viene il vino;
B) Dov'è adesso il vino;
C) Dove sta andando il vino.
Ho lanciato i miei Mastini della Guerra (cioè, io e qualche amico) ed ecco cos'è venuto fuori.
Riguardo il punto A), beh, è una cosa ben nota: la pratica enologica in Italia è millenaria, il Bel Paese delle mille divisioni e dei mille microclimi ad un certo punto si è industrializzato, certo un po' in ritardo ma poi questo ritardo è stata la scusa per un lanciarsi a fionda verso la modernità; il che, tradotto in enologhese, ha significato espianto di vecchie vigne, iper-produzione, chimica come se piovesse, quintali e quintali di uva per inondare il paese di vino. Salvo poi, ad un certo punto, capire che uno straccio di qualità andava fatto, si vedevano i cugini francesi fare un gran blah blah sui grand crus e il terroir e noi mica ci si poteva sentire più minchioni. Quindi siamo all'incirca nel 1980 e tutto un cercare vecchie vigne, un impiantare a densità spaventose, ad abbattere col napalm le rese, a deforestare Allier per farci barrique, a ricercare sua demiurgità l'Enologo; e mentre Sassicaia 1985 li menava tutti (nota 1), si iniziava a scoprire cosa poteva essere il vino, la bocca provava cose come la densità e l'equilibrio, nascevano le guide. Una gran festa, di classe e un po' cafona, in cui giravano i soldi e c'era tanta, ma tanta gente.
E poi si passa al punto B), il quale punto diciamo che è iniziato qualche anno fa e diciamo pure che è andato a braccetto con la Crisi; ossia, ragazzi, è stato bello finché è durato ma adesso sono finiti i dindi, chiappe strette e arrivederci a presto o forse a mai più. E così, se avete lavorato proprio nel bel mezzo di quella bolla euforica, vi siete ritrovati casse di vino, sterminate distese di Chianti e/o Barolo e/ Orvieto Classico, che ai vostri occhi sono migliaia di euri spesi e bloccati a prender muffa e occupare posto nelle vostre belle cantine, mentre la gente è sempre meno come numero e come capacità/voglia di spendere due soldi per del vino, squagliata come neve ai primi soli.
Riassumendo: enotecari e ristoratori che hanno speso e spanto, ora hanno le cantine bloccate (una vissuta nota 2), con il timer fermo a 10 anni fa, spaventati da tutto quel vino che Dio solo sa come faranno a smerciare, chiusi in quel buco nero brutto e freddo che è la crisi economica (senza dimenticare le varie norme anti-alcool, che spingono ex-alcolizzati a non bersi neanche un Crodino prima di salire in macchina e di osservare con sguardo vitreo ogni etichetta con più di 12°).
Così eccoci sparati al punto C). Dove va il vino. E' qui che il vostro uomo-censis personale dovrebbe trarre uno straccio di conclusione. Perlomeno far confluire qualche dato, capire se qualche minuscolo movimento porterà ad una valanga o solo ad un assestamento. Da quel che ho capito:
1) qualcuno si è fatto furbo. Ristoratori che abbassano i prezzi e stilano una Carta delle offerte (vecchie annate a prezzi quasi d'ingrosso per invogliare qualche curioso) e/o decidono di sbicchierare il più possibile. Enoteche che si trasformano in winebar o osterie, un'entrata nella ristorazione che diviene valvola di sfogo della cantina, più lavoro ma anche più guadagni. Enoteche che letteralmente svendono bottiglie che hanno da più di 10 anni sul groppone (una altrettanto vissuta nota 3) perché anche il magazzinaggio ha un costo.
2) le guide, la cui funzione di guida (appunto) è passata dallo stato solido al gassoso, vagolano nel buio: le loro uscite riguarderebbero quel 5% (sono indeciso se il dato sia per eccesso o per difetto) della popolazione interessata al vino, del quale 5% un buon 80% non le compra e assiste ai vari premi con l'interesse di un televoto de L'Isola Dei Famosi (ecco una fatta di gossip nota 4).
3) siamo isole nell'oceano di internet. La caciara del 2.0 ha reso nevrotico chi scrive e chi legge (le due cose sempre più spesso si sovrappongono). Si è democraticizzato l'accesso all'informazione e si è spalmato il giudizio critico, allungato come una sfoglia infinita. Tu dici che Litrozzo (ad es.) è buonissimo; l'altro dice che fa schifo e manco lo userebbe per i riscacqui; e spesso non si capisce il perché e percome di uno e dell'altro. Si vaga in forum con la netta impressione di essere sempre quei 4 gatti che oramai parlano un linguaggio loro. Ed è che qui la nuova guida Slow Food cavalca la tigre: siamo tutti stufi delle guide e dei loro punteggi cieloduristi? Noi siamo andati sul campo, ci siamo sporcati le mani e preferiamo le parole. Niente classifiche di fine anno: nel 2.0 non c'è capodanno ma un reset giornaliero.
4) il vino naturale s'è fatto trend. Ha circondato i vini industriali (senza accapigliarsi sulle definizioni, diciamo più tecnici) e tracciato un solco e messo un avviso: "Da qui non si torna indietro". Ha dimostrato che quella delle puzze e delle volatili è spesso solo una favola, l'orco cattivo per tenerti al tuo posto (bevete Radikon e di colpo dormirete belli pacifici, senza incubi e con la luce spenta). E se l'obiettivo è allargare quel 5% di gente con un'istruzione superiore sul vino, il vino naturale qualche argomento ce l'ha: digeribilità (il nuovo mantra) il vino come sostanza che non appesantisce la testa, che non si pietrifica nello stomaco, che pare assorbito in ogni poro e direttamente sudato; bevibilità, un tarlo subconscio che spinge a sorsate sempre più ampie, un cerchio a mano libera che si apre nella sorsata e si chiude nella deglutizione, equilibrio come parametro non minoritario; quadrimensionalità, perché ogni tanto capitano prodotti che sembrano inventare una dimensione in più, trasversale e capace di raddoppiare le sensazioni solite, mai esoterici ma più che mai terreni, vini che paiono scavare nella terra più che nel cielo, nuovi parametri di gusto come in Ogu di Panevino, come in molti bianchi macerati e...
E quindi? Dove va il vino? Stiamo ancora elaborando i dati.
nota 1: della serie Italia contro Resto del Mondo: si fa qui riferimento ad una famosa degustazione globale dei premier crus bordolesi 1982 e 1986 in cui Sassicaia fu inserito come vino pirata e decretato come il migliore e susseguenti borbottamenti e oohhh di meraviglia una volta svelata la bottiglia.
nota 2: provate a fare un bel giro tra scaffali e carte dei vini di locali storici: sembra possibile stabilire quasi il giorno in cui hanno smesso di comprare vino (ad esempio, una sfilza di Barolo 1999 un indizio lo dà) e percepire ancora l'elettricità nell'aria in quei giorni felici dei "Se compri 12 Solaia, allora devi prendere anche 120 Orvieto Bianco e 60 di olio", olii e orvieti che ancora vi guardano immelanconiti. E' altresi vero che non tutti questi locali sono in queste condizioni: quelli con carte costruite con una certa personalità, che non hanno subito passivamente gli assalti dei rappresentanti ma hanno cercato un personale percorso del gusto fatto di assaggi e curiosità; e quelli che hanno trovato il modo per sbloccare le cataste di vino, e di questo si parlerà nel punto C).
nota 3: capita che di recente a Bologna ci si imbatta in enoteche storiche (cioè, delle vere potenze negli anni '90 e inizio '00) con vini scontati anche del 50% (50%!) mentre i proprietari sbuffano e raccontano con una leggera aria da rottura-di-palle che devono liberare il magazzino e che se anche ci rimettono qualcosa, perlomeno non dovranno più subire la pena di vedere sempre le stesse etichette.
nota 4: nella giungla dell'informazione telematica non esiste pruderie ed è già cominciata la stagione dell'impallinamento del Gambero Rosso. Tanto per restare nel locale (mio), la lista dei 3 bicchieri è la solita litania di San Patrignano, Tre Monti, La Palazza, Zerbina etc.. e qualche outsider e qualche sangiovesino-ino-ino (rispettosamente il Primo Segno 2008 di Villa Venti). E scordati all'autogrill in quella gita premio che sono i premi, i vari Francesconi, Campiume, Bragagni, Costa Archi e altri che forse una cosa o due l'avevano da dire.
Attraverso rigorosissimi parametri scientifici di cui non sto a spiegarvi la complessità, ho condotto un'analisi del mercato del vino. I punti cardine di questa ricerca sono:
A) Da dove viene il vino;
B) Dov'è adesso il vino;
C) Dove sta andando il vino.
Ho lanciato i miei Mastini della Guerra (cioè, io e qualche amico) ed ecco cos'è venuto fuori.
Riguardo il punto A), beh, è una cosa ben nota: la pratica enologica in Italia è millenaria, il Bel Paese delle mille divisioni e dei mille microclimi ad un certo punto si è industrializzato, certo un po' in ritardo ma poi questo ritardo è stata la scusa per un lanciarsi a fionda verso la modernità; il che, tradotto in enologhese, ha significato espianto di vecchie vigne, iper-produzione, chimica come se piovesse, quintali e quintali di uva per inondare il paese di vino. Salvo poi, ad un certo punto, capire che uno straccio di qualità andava fatto, si vedevano i cugini francesi fare un gran blah blah sui grand crus e il terroir e noi mica ci si poteva sentire più minchioni. Quindi siamo all'incirca nel 1980 e tutto un cercare vecchie vigne, un impiantare a densità spaventose, ad abbattere col napalm le rese, a deforestare Allier per farci barrique, a ricercare sua demiurgità l'Enologo; e mentre Sassicaia 1985 li menava tutti (nota 1), si iniziava a scoprire cosa poteva essere il vino, la bocca provava cose come la densità e l'equilibrio, nascevano le guide. Una gran festa, di classe e un po' cafona, in cui giravano i soldi e c'era tanta, ma tanta gente.
E poi si passa al punto B), il quale punto diciamo che è iniziato qualche anno fa e diciamo pure che è andato a braccetto con la Crisi; ossia, ragazzi, è stato bello finché è durato ma adesso sono finiti i dindi, chiappe strette e arrivederci a presto o forse a mai più. E così, se avete lavorato proprio nel bel mezzo di quella bolla euforica, vi siete ritrovati casse di vino, sterminate distese di Chianti e/o Barolo e/ Orvieto Classico, che ai vostri occhi sono migliaia di euri spesi e bloccati a prender muffa e occupare posto nelle vostre belle cantine, mentre la gente è sempre meno come numero e come capacità/voglia di spendere due soldi per del vino, squagliata come neve ai primi soli.
Riassumendo: enotecari e ristoratori che hanno speso e spanto, ora hanno le cantine bloccate (una vissuta nota 2), con il timer fermo a 10 anni fa, spaventati da tutto quel vino che Dio solo sa come faranno a smerciare, chiusi in quel buco nero brutto e freddo che è la crisi economica (senza dimenticare le varie norme anti-alcool, che spingono ex-alcolizzati a non bersi neanche un Crodino prima di salire in macchina e di osservare con sguardo vitreo ogni etichetta con più di 12°).
Così eccoci sparati al punto C). Dove va il vino. E' qui che il vostro uomo-censis personale dovrebbe trarre uno straccio di conclusione. Perlomeno far confluire qualche dato, capire se qualche minuscolo movimento porterà ad una valanga o solo ad un assestamento. Da quel che ho capito:
1) qualcuno si è fatto furbo. Ristoratori che abbassano i prezzi e stilano una Carta delle offerte (vecchie annate a prezzi quasi d'ingrosso per invogliare qualche curioso) e/o decidono di sbicchierare il più possibile. Enoteche che si trasformano in winebar o osterie, un'entrata nella ristorazione che diviene valvola di sfogo della cantina, più lavoro ma anche più guadagni. Enoteche che letteralmente svendono bottiglie che hanno da più di 10 anni sul groppone (una altrettanto vissuta nota 3) perché anche il magazzinaggio ha un costo.
2) le guide, la cui funzione di guida (appunto) è passata dallo stato solido al gassoso, vagolano nel buio: le loro uscite riguarderebbero quel 5% (sono indeciso se il dato sia per eccesso o per difetto) della popolazione interessata al vino, del quale 5% un buon 80% non le compra e assiste ai vari premi con l'interesse di un televoto de L'Isola Dei Famosi (ecco una fatta di gossip nota 4).
3) siamo isole nell'oceano di internet. La caciara del 2.0 ha reso nevrotico chi scrive e chi legge (le due cose sempre più spesso si sovrappongono). Si è democraticizzato l'accesso all'informazione e si è spalmato il giudizio critico, allungato come una sfoglia infinita. Tu dici che Litrozzo (ad es.) è buonissimo; l'altro dice che fa schifo e manco lo userebbe per i riscacqui; e spesso non si capisce il perché e percome di uno e dell'altro. Si vaga in forum con la netta impressione di essere sempre quei 4 gatti che oramai parlano un linguaggio loro. Ed è che qui la nuova guida Slow Food cavalca la tigre: siamo tutti stufi delle guide e dei loro punteggi cieloduristi? Noi siamo andati sul campo, ci siamo sporcati le mani e preferiamo le parole. Niente classifiche di fine anno: nel 2.0 non c'è capodanno ma un reset giornaliero.
4) il vino naturale s'è fatto trend. Ha circondato i vini industriali (senza accapigliarsi sulle definizioni, diciamo più tecnici) e tracciato un solco e messo un avviso: "Da qui non si torna indietro". Ha dimostrato che quella delle puzze e delle volatili è spesso solo una favola, l'orco cattivo per tenerti al tuo posto (bevete Radikon e di colpo dormirete belli pacifici, senza incubi e con la luce spenta). E se l'obiettivo è allargare quel 5% di gente con un'istruzione superiore sul vino, il vino naturale qualche argomento ce l'ha: digeribilità (il nuovo mantra) il vino come sostanza che non appesantisce la testa, che non si pietrifica nello stomaco, che pare assorbito in ogni poro e direttamente sudato; bevibilità, un tarlo subconscio che spinge a sorsate sempre più ampie, un cerchio a mano libera che si apre nella sorsata e si chiude nella deglutizione, equilibrio come parametro non minoritario; quadrimensionalità, perché ogni tanto capitano prodotti che sembrano inventare una dimensione in più, trasversale e capace di raddoppiare le sensazioni solite, mai esoterici ma più che mai terreni, vini che paiono scavare nella terra più che nel cielo, nuovi parametri di gusto come in Ogu di Panevino, come in molti bianchi macerati e...
E quindi? Dove va il vino? Stiamo ancora elaborando i dati.
nota 1: della serie Italia contro Resto del Mondo: si fa qui riferimento ad una famosa degustazione globale dei premier crus bordolesi 1982 e 1986 in cui Sassicaia fu inserito come vino pirata e decretato come il migliore e susseguenti borbottamenti e oohhh di meraviglia una volta svelata la bottiglia.
nota 2: provate a fare un bel giro tra scaffali e carte dei vini di locali storici: sembra possibile stabilire quasi il giorno in cui hanno smesso di comprare vino (ad esempio, una sfilza di Barolo 1999 un indizio lo dà) e percepire ancora l'elettricità nell'aria in quei giorni felici dei "Se compri 12 Solaia, allora devi prendere anche 120 Orvieto Bianco e 60 di olio", olii e orvieti che ancora vi guardano immelanconiti. E' altresi vero che non tutti questi locali sono in queste condizioni: quelli con carte costruite con una certa personalità, che non hanno subito passivamente gli assalti dei rappresentanti ma hanno cercato un personale percorso del gusto fatto di assaggi e curiosità; e quelli che hanno trovato il modo per sbloccare le cataste di vino, e di questo si parlerà nel punto C).
nota 3: capita che di recente a Bologna ci si imbatta in enoteche storiche (cioè, delle vere potenze negli anni '90 e inizio '00) con vini scontati anche del 50% (50%!) mentre i proprietari sbuffano e raccontano con una leggera aria da rottura-di-palle che devono liberare il magazzino e che se anche ci rimettono qualcosa, perlomeno non dovranno più subire la pena di vedere sempre le stesse etichette.
nota 4: nella giungla dell'informazione telematica non esiste pruderie ed è già cominciata la stagione dell'impallinamento del Gambero Rosso. Tanto per restare nel locale (mio), la lista dei 3 bicchieri è la solita litania di San Patrignano, Tre Monti, La Palazza, Zerbina etc.. e qualche outsider e qualche sangiovesino-ino-ino (rispettosamente il Primo Segno 2008 di Villa Venti). E scordati all'autogrill in quella gita premio che sono i premi, i vari Francesconi, Campiume, Bragagni, Costa Archi e altri che forse una cosa o due l'avevano da dire.
Ciao Eugenio ti vorrei invitare a una manifestazione che si svolgerà a Levizzano Modena il 17 18 ottobre ,mi comunichi la mail che ti do tutte le notizie ,se vieni mi fa piacere ,così ti faccio sentire le schifezze che faccio :):).ats Salùt
RispondiEliminaGian Paolo podereilsaliceto@katamail.com