La perfezione è un percorso costellato di insidie.
Mettiamo che siate un viticoltore. Mettiamo che sono anni che state dietro le vostre uve, che le curate maniacalmente, che le vedete migliorare anno dopo anno. Mettete che incominciate a pensare che abbiano l'età adatta per fare quel grande vino che sognate. Basta solo l'annata giusta. Mettete che un anno tutto comincia ad andare bene, tempi di maturazione perfetti, zero o quasi problemi in vigna, voi vi sentite duri puri e cazzuti. E arriva l'epoca di vendemmia e le uve sono perfette, le guardate e pensate che roba così il buon Dio non ve la darà mai più. Le raccogliete, le portate in cantina e ad un certo punto la cosa dipende solo da voi. E se dipende da voi, allora tutto andrà bene, meravigliosamente bene. Ma. Ma ci sono delle insidie. Questo lo sapete. Vinificate al meglio, estraete tutto quello che c'è da estrarre. Ma questo nettare dovete anche metterlo da qualche parte. Dovete usare dei contenitori. Che possono essere sporchi, avere micro-agenti che potrebbero mandare a puttane tutto, che possono anche solo cambiare il sapore che NON volete cambiare. Ma voi siete bravi e scrupolosi, non vi fate fregare da cose così, fate prove, controllate tutto, avete esperienza.
Fin qui tutto bene.
Dopo un po' di tempo decidete che è ora di imbottigliare. Avete monitorato costantemente il vino, avete anche deciso di eliminare qualche contenitore dove il vino non vi sembrava assolutamente perfetto mentre quello che pretendete adesso, fosse anche l'unica volta nella vostra schifo di vita, è la perfezione. Avete le bottiglie, le migliori, e si fottano i soldi. Avete controllato pure quelle perché vi è venuto un dubbio: sarà mica colpa del vetro non perfettamente pulito se certe bottiglie poi hanno dei problemi, sembrano storte, sembrano contenere un altro vino dal vostro?
Fin qui tutto bene.
Poi le bottiglie vanno chiuse. Non ci sono cazzi. E magari, visto che quel prodotto, no, quel figlio, siete decisi a farlo arrivare sul mercato preservandolo in ogni modo. E decidete di tappare con qualcosa di alternativo. Di rinunciare al sughero (che vi piace, per carità, ma avete il sospetto che qualche casino possa procurarlo). Diciamo che mettete un tappo a vite.
Fin qui tutto bene.
Ora preparate gli scatoloni, li tenete al fresco in zona antisismica con Mozart in sottofondo e due guardie giurate 24/24. E' quasi fatta, pensate. Arrivano gli ordini. Spedite il vino. No. Portate voi personalmente il vino facendovi un mazzo così ma il premio al vostro mazzo è vicino. Finalmente il resto del mondo conoscerà cosa siete stati capaci di produrre, condividerà con voi un'espressione incompromissoria della Natura, della vostra terra e del vostro lavoro.
Poi, un giorno, portate delle bottiglie ad un ristorante. Incontrate un amico, fate due chiacchiere, parlate del vostro nettare con il giusto orgoglio e un pizzico di modestia quasi inutile. L'amico vuole assolutamente assaggiarlo. Decidete di fermarvi a mangiare al ristorante e di aprirgliene una. Lui è curioso, si rigira la bottiglia tra le mani. Siete eccitato, avete voglia che qualcuno vi dica che siete stato bravo, fantastico, eccezionale. Volete essere lodato e ammirato e amato. Non c'è nulla di male.
Per un vino così importante ci vogliono bicchieri importanti. Il sommelier del ristorante prende dei calici ampi, da grande occasione.
Stappate, prendete il bicchiere del vostro amico e lo riempite. Riempite anche il vostro ma prima volete vedere che faccia fa. Lui lo gira, lo annusa, lo beve. Allora? Allora è buono, dice l'amico. Ma non sembra convinto. Dimmi dimmi, fate voi. Il vino è buono però. E inizia tutta una serie di però. Però è un po' stretto. Però c'è troppo legno. Però ha qualche puzza sintetica. Non sta parlando del vostro vino. Impossibile. Prendete il suo bicchiere. Assaggiate. Ha ragione. Ma come cazzo. Vi viene un dubbio. Prendete il vostro bicchiere. Forse sudate. Lo assaggiate. E' il vostro vino. Maestoso, opulento, è lui. Il dubbio diventa quasi certezza. Avete un accenno di incazzo. Chiedete al sommelier di cambiare il bicchiere. Per un momento il Mondo pare ricomporsi. Ripensate a tutte le insidie che avete previsto e affrontato. E a quella che non avevate previsto. E a un altro dubbio: e se io non fossi stato lì?
Brindo a tutti i bicchieri che puzzano di detersivo, di polvere, di lacca da mobile; a tutti i bicchieri che ammutoliscono il vino, che lo deformano, che lo degradano, che sono tanti e sono tra di noi. Brindo a tutti quei vini sviliti incolpevolmente, a tutte le insidie che hanno dovuto passare prima di essere ciò che sono per poi cascare in quella più subdola e carogna: il bicchiere.
Mettiamo che siate un viticoltore. Mettiamo che sono anni che state dietro le vostre uve, che le curate maniacalmente, che le vedete migliorare anno dopo anno. Mettete che incominciate a pensare che abbiano l'età adatta per fare quel grande vino che sognate. Basta solo l'annata giusta. Mettete che un anno tutto comincia ad andare bene, tempi di maturazione perfetti, zero o quasi problemi in vigna, voi vi sentite duri puri e cazzuti. E arriva l'epoca di vendemmia e le uve sono perfette, le guardate e pensate che roba così il buon Dio non ve la darà mai più. Le raccogliete, le portate in cantina e ad un certo punto la cosa dipende solo da voi. E se dipende da voi, allora tutto andrà bene, meravigliosamente bene. Ma. Ma ci sono delle insidie. Questo lo sapete. Vinificate al meglio, estraete tutto quello che c'è da estrarre. Ma questo nettare dovete anche metterlo da qualche parte. Dovete usare dei contenitori. Che possono essere sporchi, avere micro-agenti che potrebbero mandare a puttane tutto, che possono anche solo cambiare il sapore che NON volete cambiare. Ma voi siete bravi e scrupolosi, non vi fate fregare da cose così, fate prove, controllate tutto, avete esperienza.
Fin qui tutto bene.
Dopo un po' di tempo decidete che è ora di imbottigliare. Avete monitorato costantemente il vino, avete anche deciso di eliminare qualche contenitore dove il vino non vi sembrava assolutamente perfetto mentre quello che pretendete adesso, fosse anche l'unica volta nella vostra schifo di vita, è la perfezione. Avete le bottiglie, le migliori, e si fottano i soldi. Avete controllato pure quelle perché vi è venuto un dubbio: sarà mica colpa del vetro non perfettamente pulito se certe bottiglie poi hanno dei problemi, sembrano storte, sembrano contenere un altro vino dal vostro?
Fin qui tutto bene.
Poi le bottiglie vanno chiuse. Non ci sono cazzi. E magari, visto che quel prodotto, no, quel figlio, siete decisi a farlo arrivare sul mercato preservandolo in ogni modo. E decidete di tappare con qualcosa di alternativo. Di rinunciare al sughero (che vi piace, per carità, ma avete il sospetto che qualche casino possa procurarlo). Diciamo che mettete un tappo a vite.
Fin qui tutto bene.
Ora preparate gli scatoloni, li tenete al fresco in zona antisismica con Mozart in sottofondo e due guardie giurate 24/24. E' quasi fatta, pensate. Arrivano gli ordini. Spedite il vino. No. Portate voi personalmente il vino facendovi un mazzo così ma il premio al vostro mazzo è vicino. Finalmente il resto del mondo conoscerà cosa siete stati capaci di produrre, condividerà con voi un'espressione incompromissoria della Natura, della vostra terra e del vostro lavoro.
Poi, un giorno, portate delle bottiglie ad un ristorante. Incontrate un amico, fate due chiacchiere, parlate del vostro nettare con il giusto orgoglio e un pizzico di modestia quasi inutile. L'amico vuole assolutamente assaggiarlo. Decidete di fermarvi a mangiare al ristorante e di aprirgliene una. Lui è curioso, si rigira la bottiglia tra le mani. Siete eccitato, avete voglia che qualcuno vi dica che siete stato bravo, fantastico, eccezionale. Volete essere lodato e ammirato e amato. Non c'è nulla di male.
Per un vino così importante ci vogliono bicchieri importanti. Il sommelier del ristorante prende dei calici ampi, da grande occasione.
Stappate, prendete il bicchiere del vostro amico e lo riempite. Riempite anche il vostro ma prima volete vedere che faccia fa. Lui lo gira, lo annusa, lo beve. Allora? Allora è buono, dice l'amico. Ma non sembra convinto. Dimmi dimmi, fate voi. Il vino è buono però. E inizia tutta una serie di però. Però è un po' stretto. Però c'è troppo legno. Però ha qualche puzza sintetica. Non sta parlando del vostro vino. Impossibile. Prendete il suo bicchiere. Assaggiate. Ha ragione. Ma come cazzo. Vi viene un dubbio. Prendete il vostro bicchiere. Forse sudate. Lo assaggiate. E' il vostro vino. Maestoso, opulento, è lui. Il dubbio diventa quasi certezza. Avete un accenno di incazzo. Chiedete al sommelier di cambiare il bicchiere. Per un momento il Mondo pare ricomporsi. Ripensate a tutte le insidie che avete previsto e affrontato. E a quella che non avevate previsto. E a un altro dubbio: e se io non fossi stato lì?
Brindo a tutti i bicchieri che puzzano di detersivo, di polvere, di lacca da mobile; a tutti i bicchieri che ammutoliscono il vino, che lo deformano, che lo degradano, che sono tanti e sono tra di noi. Brindo a tutti quei vini sviliti incolpevolmente, a tutte le insidie che hanno dovuto passare prima di essere ciò che sono per poi cascare in quella più subdola e carogna: il bicchiere.
Vogliamo parlare anche di chi-sto parlando anche di ristoratori- mette il mio lambro in frigo e lo beve ad una temperatura di circa 2.4 °c.Già il mio vino si incazza appena scende sotto i 12 °C,per via di un estratto secco di circa 30 g/l e 12.6 % di alcol.,poi si lamentano se non spuma.....un Lambrusco non è uno spumante la pressione e di circa 2.4 atm no 6 o di piu.Vaglielo a spiegare!!!Scusa dello sfogo ciao Gian Paolo
RispondiEliminaMa si, sfoghiamoci. E quelli che ti servono il vino rosso a 45° e tu gli chiedi il secchiello col ghiaccio e loro ti portano effettivamente un secchiello con del ghiaccio e tu gli chiedi di metterci anche dell'acqua perché così si riesce a rinfrescare il vino e loro ti guardano scocciati e ti portano un secchiello solo con l'acqua e intanto sei arrivato al dolce e loro ti chiedono com'è il vino e tu chiedi almeno del cardamomo e della cannella e ti fai un vin brulè?
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